Cassinetta di Lugagnano, in provincia di Milano, è il primo Comune in Italia ad aver approvato un piano regolatore che esclude la possibilità di edificare occupando nuove superfici. Il suo giovane sindaco, Domenico Finiguerra, consapevole che ogni anno in Italia si perde una quantità di suolo pari a 240.000 campi da calcio, ha dato il via al movimento Stop al consumo di territorio ed è riuscito a trasformare un piccolo e sconosciuto Comune in un concreto esempio di riferimento per l'intero Paese. A Cassinetta un'amministrazione intraprendente ha dimostrato di saper passare dal pensiero globale all'azione locale, non solo adottando misure innovatrici in campo ambientale, ma provando anche a immaginare modi nuovi, creativi ed efficaci per migliorare la vita della comunità, senza consumare risorse ma anzi preservandole per le generazioni future. Ecco dunque che Domenico Finiguerra e il suo Comune sono diventati un modello per molte altre realtà locali: dalla non cementificazione all'attento recupero dell'esistente, dal supporto al movimento per l'acqua bene comune alla valorizzazione del patrimonio artistico come fonte di guadagno alternativa all'urbanizzazione, Cassinetta di Lugagnano sta indicando la strada da seguire per frenare il processo autodistruttivo cui in Italia si assiste da decenni e per diffondere tra amministratori e cittadini la consapevolezza che la cosa pubblica è preziosa e va gestita in modo nuovo. Un modo non solo responsabile, ma virtuoso, solidale, ecosostenibile, capace di pensare in grande e agire in piccolo.
L'esperimento di Cassinetta di Lugagnano
Salvatore Settis
«La lotta contro la distruzione del suolo italiano sarà dura e lunga, forse secolare. Ma è il massimo compito di oggi se si vuole salvare il suolo in cui vivono gli italiani.» Così scriveva Luigi Einaudi, allora presidente della Repubblica, sul Corriere della Sera del 15 dicembre 1951. Nulla distrugge il suolo quanto la sua cementificazione (soil sealing), con perdita spesso irreversibile delle funzioni ecologiche di sistema che esso aveva esercitato; e il soil sealing (che fra l'altro accresce la probabilità di frane e alluvioni, rendendone più gravi gli effetti) appare particolarmente perverso laddove si esercita su suoli eccezionalmente fertili come quelli della Pianura Padana, sottraendoli alla loro massima e più produtiva vocazione: l'agricoltura.
Eppure, per il profitto di pochi, stiamo continuando a consumare risorse che sono di tutti, anche - anzi soprattutto - delle generazioni future. Un Paese accecato da un mercantilismo senza scrupoli non riesce più a riconoscere dove stiano le proprie vere ricchezze: non in un'edificazione senza regole e senza fine, ma in un uso accorto del territorio. Non nel moltiplicare le devastanti invasioni edilizie, ma nell'indirizzare investimenti e risparmi su attività produttive basate sulle competenze, sulla creatività, sul talento degli italiani (specialmente dei giovani). Non in un astratto benessere misurato solo dal pil, ma in una più vera e concreta felicità del vivere che includa tra i fattori determinanti del benessere anche la soddisfazione ambientale e la memoria storica, componenti essenziali (entrambe) della nostra salute fisica e mentale, come individui e come comunità.
L'esperimento di Domenico Finiguerra a Cassinetta di Lugagnano, la campagna Stop al consumo di territorio, ha in questo contesto un grande valore. Segnala una consapevolezza, indica una strada, fornisce un esempio che può essere seguito altrove. Nel mondo frettoloso e distratto in cui viviamo, e in cui solo quel che è urlato «fa notizia», le iniziative di sindaci di piccoli comuni (nel libro si parla anche del sindaco di Riace in Calabria e di quello di Camigliano in Campania) rischiano di apparire marginali e inlnfluenti; anche le associazioni dei Comuni Virtuosi e dei Comuni Solidali, di cui pure in questo libro si parla anche per il ruolo che Finiguerra vi sta giocando, possono sembrare poco più che velleitarie dichiarazioni di principio. Non è così.
La stagione che viviamo è, e sempre più sarà, segnata da gravissimi problemi di tutela della salute collettiva e individuale mediante la tutela dell'ambiente, del paesaggio, del suolo italiano. Questo scopo alto e nobile è garantito dalla Costituzione (articoli 9 e 32), ma a quel che pare non rientra nell'agenda dei partiti di governo, e nemmeno di quelli dell'opposizione. Di fronte a tanta colpevole cecità, alcune migliaia di associazioni locali stanno sorgendo in tutta Italia, aggiungendosi a quelle a raggio nazionale come Italia Nostra, il fai, il wwf, Legambiente. Queste associazioni volontarie di cittadini hanno e avranno un ruolo tanto più forte quanto più alte saranno le mete che sapranno proporsi, quanto più chiara la coscienza dei problemi, quanto più appropriate le strategie e le azioni. Come ho argomentato in un mio libro recente (Paesaggio Costituzione cemento. La battaglia per l'ambiente contro il degrado civile, Einaudi, Torino 2010), ciascuna di queste associazioni è l'embrione di una possibile azione popolare in favore del futuro del nostro Paese: se esse sapranno mettersi in rete fra loro e agire efficacemente, i temi che ora i partiti hanno messo in soffitta potranno e dovranno tornare al centro dell'attenzione e dei progetti di governo.
Davanti al prevalente mutismo delle istituzioni pubbliche, anche la voce del sindaco di un piccolo Comune, anche l'associazione di pochi Comuni Virtuosi ha un grande significato. Può e deve segnare non solo una bandiera civile, ma l'inizio di una riscossa che non interessi solo le associazioni di cittadini, ma si estenda e si radichi anche al livello delle istituzioni, nel nome di un ideale democratico che può esprimersi molto bene con le parole di Theodore Roosevelt, presidente degli Stati Uniti (1909): «Conservare l'ambiente vuol dire pensare al maggior vantaggio per il maggior numero possibile di cittadini, per una durata il più lunga possibile. Ma il criterio del "maggior numero possibile" deve applicarsi all'intero svolgersi del tempo: e in esso noi, che siamo vivi oggi, non siamo che una frazione insignificante. Abbiamo il dovere di rispettare l'insieme degli uomini, specialmente le generazioni non ancora nate: dobbiamo dunque impedire che una minoranza priva di principii distrugga un patrimonio che appartiene alle generazioni che verranno. Il movimento per la conservazione dell'ambiente e delle risorse naturali è essenzialmente democratico per spirito, finalità e metodo».
Queste parole che vengono da un altro secolo e da un altro continente sembrano, anzi sono scritte anche per noi. Perciò la voce dei cittadini di Cassinetta e del loro sindaco può e deve diventare il seme di una presa di coscienza della quale il nostro Paese ha urgente bisogno.
Smettere di cementificare
Luca Mercalli
C'è poco da dire sul consumo di suolo.
Ne abbiamo consumato troppo! E siccome il suo consumo è irreversibile e la sua quantità è limitata bisogna semplicemente smettere di cementificarne altro.
Senza se e senza ma.
Senza attese e compromessi. Se le leggi ancora non lo prevedono in modo ferreo ed esplicito, tocca cambiarle, farne di nuove e più valide.
Nel frattempo l'amministratore e il cittadino devono essere più avanti della legge, perché gli errori di oggi non si potranno più riparare. Il suolo cementificato è perso per millenni, la sua formazione è un processo naturale lentissimo, il suo equilibrio è una delicata interazione tra atmosfera, precipitazioni, caldo, freddo, minerali, vegetali, insetti, vermi, funghi e batteri. Non puoi «inventare» un suolo, se non in piccole quantità e ad alti costi, nei vasi del tuo balcone. Lo puoi migliorare, curare, salvaguardare, ma il suolo si forma da sé in tempi lunghi e per strade a noi precluse. Il suolo è un bene comune, serve per produrre cibo, degradare i rifiuti, filtrare le acque, mitigare le alluvioni, mantenere la biodiversità, assorbire il carbonio, produrre biomassa e materie prime. E poi un bel suolo, naturale o agrario, è pure piacevole da vedere. Anche l'Unione europea se ne è accorta, sostenendo la ricerca Overview of best practices for limiting soil sealing or mitigating its effects in Eu-27. Janez Potočnik, commissario per l'Ambiente, ha dichiarato: «II suolo è una risorsa indispensabile per diversi
servizi ecosistemici da cui dipendono tutte le forme di vita sul nostro Pianeta. Non possiamo permetterci di continuare a sacrificarne vaste porzioni a vantaggio della cementificazione. Nessuno ci chiede di frenare lo sviluppo economico o l'ottimizzazione delle nostre infrastrutture, ma abbiamo bisogno di un approccio più sostenibile in materia». Il comunicato ue prosegue: «Le conclusioni di un nuovo studio sull'impermeabilizzazione dei suoli europei confluiranno in un documento tecnico della Commissione, in fase di realizzazione con il supporto di esperti nazionali. Il documento, che dovrebbe essere ultimato a inizio 2012, offrirà orientamenti alle autorità nazionali, regionali e locali in materia di migliori pratiche nell'arginamento del fenomeno dell'impermeabilizzazione e nel ridimensionamento dei suoi effetti. Al fine di proteggere i suoli europei, nel 2006 la Commissione, con il sostegno del Parlamento europeo, ha presentato una proposta di direttiva per l'istituzione di un quadro per la protezione del suolo. Tuttavia a causa dell'opposizione di alcuni Stati membri la proposta al momento è bloccata in Consiglio».
Per distruggere un suolo bastano pochi giorni di bulldozer e betoniera. Per rifarlo occorrono millenni. In attesa che le leggi comunitarie pongano un freno al dissennato consumo di suolo, sono gli amministratori locali che si assumeranno la responsabilità di rispondere delle loro scelte nei confronti delle generazioni di domani.
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